lunedì 19 novembre 2012

Sopravvivere a scuola

Via via che i bambini crescono i rapporti all'interno della classe mutano, diventano più difficili da gestire perché, anche senza arrivare a veri atti di bullismo si inizia ad assistere a delle prove di forza da parte dei ragazzini che, in modo più o meno consapevole, tendono a stabilire dei rapporti di supremazia uno sull'altro. Si tratta di giochi, lotte, scontri fisici, gli stessi dell'anno precedente, ma che ora assumono una connotazione meno giocosa; per le bambine sono invece litigi più o meno grandi, che si trascinano per più giorni e rendono complicate le relazioni tra quelle che erano sino a poco tempo primo delle tenere amiche. È normale che crescendo bambini e bambine cerchino un loro ruolo e si scontrino con i coetanei, quello che oggi vedo è però un crescendo di aggressività che spesso le famiglie e le maestre stentano a moderare.

In questa situazione a soffrirne sono i bambini che hanno una sensibilità più profonda e che per educazione sono abituati a rifiutare atteggiamenti finalizzati ad imporsi sugli altri.

È proprio ciò che sta accadendo nella classe di mio figlio che si trova spiazzato a confrontarsi con compagni che sino a poco tempo fa giocavano, anche facendo la lotta, ma sempre in forma giocosa e che ora puntualmente trasformano il gioco in uno scontro fisico più o meno pesante.

Una sofferenza che spinge il bambino a vedere la scuola come un luogo non accogliente, ma quasi come un campo di battaglia. Se a questo aggiungiamo le tensioni dovute all'impegno richiesto dallo studio, ebbene non possiamo negare che il presente anno si preannuncia difficile, per non dire poi del prosssimo, il primo di scuola media!

Come risolvere?

Non è certo desiderio di nessun genitore tenere il proprio figlio o figlia sotto una campana di vetro, tutti sappiamo che debbono imparare a reagire alle frustrazioni ed anche imparare a difendersi, ma non è facile insegnare un equilibrio, insegnare che la forza non il modo di rapportarsi con gli altri, quando quotidianamente ti devi difendere da chi ti tira un pugno, ti dà uno spintone.

Purtroppo a scuola non si affrontano se non raramente questi temi, la soluzione degli insegnanti normalmente è la punizione, ma io credo che si dovrebbe spendere molto più tempo a spiegare ai ragazzi perché simili comportamenti non siano accettabili, il compito della scuola non dovrebbe essere solo quello di svolgere i programmi, ma anche di far pensare ed educare.

 

martedì 13 novembre 2012

Ed i fratelli? il rapporto con gli altri figli quando in famiglia è presente un disturbo di apprendimento

Quando ci sono più figli ed uno di loro presenta un problema di disturbo di apprendimento, l'equilibrio dei rapporti famigliari può essere difficile da raggiungere.
Solitamente l'attenzione prestata ai figli viene ripartita in modo non sempre identico, ma considerando di volta in volta le necessità di ciascuno: talora si è maggiormente presenti con uno perché attraversa una fase in cui ha necessità di più cure, successivamente la situazione si ribalta ed è l'altro fratello o sorella ad essere seguito minuziosamente. 
Un avvicendarsi continuo che permette a ciascuno di ricevere il necessario sostegno, proprio quando è necessario.
Ma quando uno dei figli ha un disturbo specifico di apprendimento, oppure un problema di ansia, emotività o altro, quanto si modifica questo meccanismo?
Nel nostro caso devo devo dire che negli anni passati il mio figlio minore, con i suoi problemi di disprassia, emotività, ansia ha certamente sottratto molte cure alla sorella maggiore, decisamente più sicura di sé.
Certo non si poteva fare diversamente, perché inevitabilmente il susseguirsi delle difficoltà con il piccolo, distoglievano dalla maggiore, che ovviamente non è stata abbandonata a se stessa, ma ha avuto un minore livello di attenzione. 
Con lei  ho affrontato spesso il discorso, spiegandole la situazione del fratellino e mia figlia, fortunatamente, ha compreso, anche perché alcuni compagni   di scuola erano dislessici e quindi  conosceva  le loro difficoltà.
Tuttavia, come mamma, mi sono sempre sentita in difetto, colpevole di averle sottratto qualcosa.
Giunge però il momento in cui i rapporti mutano nuovamente.  Quando anche il figlio che inizialmente aveva meno necessità del nostro supporto, si trova in una diversa e più complessa situazione: l'adolescenza, il passaggio ad un'altra scuola.
Ho potuto così verificare che in questa nuova realtà gli equilibri si spostano e si normalizzano: per quanto rilevanti siano i problemi, nel nostro caso del figlio minore, l'attenzione si sposta verso l'altro, verso quello che è sempre stato il "più forte", un cambiamento che avviene in modo istintivo all'interno della famiglia e porta a una nuova strutturazione dei legami. 
Per uno dei figli diventa più importante magari la presenza paterna e per l'altro il consiglio della madre, oppure semplicemente quello che prima era più seguito si trova ad essere più libero, e questo,così è nel nostro caso,  risulta essere positivo, perché si trasforma in un momento di crescita, di autonomia, un'occasione perché anche il figlio più "coccolato" maturi.
Questo sta accadendo nella mia famiglia in questi giorni, e dopo un primo momento di dubbio, di paura mi sto rendendo conto che è importante relativizzare i problemi di ansia, difficoltà scolastica di mio figlio, non solo perché oggi l'altra ha necessità di attenzione e sostegno, ma anche per lui, per permettergli di crescere, di assaporare quell'essere "normale" che consiste anche nel non trovarsi sempre al centro delle preoccupazioni di mamma e papà, nel sapere che le attenzioni sono ripartite, perché anche quella sorella o quel fratello che ti sono sempre sembrati più capaci di te, ebbene anche loro hanno bisogno di aiuto.
Anche questo io credo aiuti a crescere.

giovedì 1 novembre 2012

Halloween a teatro

La nostra zucca



Abbiamo trascorso la serata di Halloween alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino. 
La Casa del Teatro mette in scena solo spettacoli per ragazzi, proponendo ogni anno un ricco cartellone.
Nelle occcasioni speciali, come appunto Hallowen o Capodanno vengono allestiti programmi speciali. 
Per Halloween la rappresentazione era preceduta da un laboratorio dove i bambini hanno creato con l'aiuto delle animatrici una lanterna di Halloween, un costume da fantasma e sono stati truccati da mostri, un'esperienza che ha coinvolto e divertito i bambini. 
Alla conclusione dei  laboratori nel foyer si aggiravano correndo, fantasmi, streghette e vampiri
Lo spettacolo era la messa in scena de: "Il fantasma di Canterville", tratto dal racconto di Oscar Wilde. 
La famiglia Otis acquista un vecchio castello inglese, incurante delle voci che lo dicono popolato dai fantasmi. 
La trama si sviluppava con ritmo comico stringente e puntava, per attrarre il giovane pubblico, sul movimento, sulla rapidità degli attori, che spesso facevano irruzione in sala tra l'esultanza dei bambini.
Lo spettacolo offriva spunti per mettere in dubbio e irridere una certa mentalità non tanto razionalista e moderna quanto certi atteggiamenti presupponenti che spesso ridicolizzano e negano brutalmente ogni realtà differente, sconosciuta. Ripetuta era la scena in cui mamma Otis cerca di cancellare la macchia di sangue lasciata dal fantasma nel castello con un prodotto "studiato dai migliori scienziati americani".
 Lo spettacolo ha offerto ai bambini la possibilità di vedere come anche chi si mostra molto sicuro di sé, appunto la famiglia Otis, certa in virtù della sua razionalità di non aver nulla da temere da fantasmi e leggende, possa invece soccombere alla paura.
Il fantasma si confida con la giovane Virginia,  alla sua sensibilità di bambina alle soglie dell'adolescenza svela il  segreto dolore che lo perseguita per essere condannato a vagare senza pace sino a quando una giovane fanciulla non piangerà per lui. 
Ciò che Virginia farà, liberandolo e mostrando così come si possa comprendere e compiangere anche un mostro, quel signore di Canterville che uccise la moglie e fu ucciso dai fratelli di lei, destinato a vagare nel castello senza pace.
Virginia comprende e così facendo anche lei cresce, passa nel mondo degli adulti, donando il suo orsacchiotto di bambina al fantasma che si allontana libero.
Lo spettacolo è quindi occasione per dire ai bambini che, aprendosi all'ignoto e vivendo le proprie paure, le si può superare e scoprire che ciò che si temeva, il fantasma, il mostro così mostruoso non è. E che affrontando il diverso, ciò che non si conosce si cresce.
Un insegnamento importante che grazie al teatro raggiunge i giovani interlocutori con immediatezza e forza, più di parole e discorsi.

sabato 27 ottobre 2012

Un successo contro i disturbi di apprendimento

Ieri la logopedista ci ha consegnato i risultati dei test effettuati dal bambino la scorsa settimana.
I giorni appena trascorsi sono stati intensi e particolari perché il nostro ragazzo è stato preda nuovamente di crisi di ansia ed insomma era nuovamente a casa.
L'attesa  era quindi molto viva, così la speranza di trovare  per giungere all'uscita di quello che più che mai come in questo inizio di scuola ci è parso un vero labirinto.
I test hanno confermato ciò di cui ultimamente eravamo giunti a dubitare: i progressi, grandissimi, compiuti dal bambino in questi anni di lavoro.
Abilità di lettura poco al di sotto della norma,  velocità di calcolo più che soddisfacente, ed insomma unico a permanere il disturbo nella grafia, che comporta anche errori ortografici e sicuramente la fatica che il bambino sente di dover fare a scuola. E su questo aspetto verterà il lavoro dei prossimi mesi con la logopedista, in modo che il bambino possa acquisire sia tecniche che fluidifichino il processo di scrittura, sia individuare quelle alternative, dall'uso del pc  al privilegiare lo stampatello più che il corsivo, rispondenti alle sue necessità.
Complessivamente questi risultati ci fanno pensare di essere molto vicini all'obiettivo per cui iniziammo a lavorare circa sei anni fa: rendere possibile ad Andrea realizzare in pieno le sue potenzialità, poter scegliere dopo la scuola media qualsiasi indirizzo di studio.
Certo il bambino incontrerà ancora ostacoli da superare, ma oggi anche lui ha avuto una bella iniezione di fiducia, come ovviamente  noi genitori. 
Sappiamo quanta strada  e fatica ha fatto quel bambino che in prima stentava nell'apprendimento della lettura e della scrittura, e ci rendiamo conto della grandezza di ciò che ha raggiunto.
Certo questo percorso ha lasciato in lui anche delle cicatrici, che penso si manifestino nell'ansia con cui affronta la scuola, nell'insicurezza, ma credo che rendersi conto di ciò che è riuscito a realizzare lo aiuti a superare anche queste difficoltà. E per questa parte ci affiancheranno i consigli della psicoterapeuta.
Per una volta sono convinta che lui ce la può fare e ci tengo a dirlo a tutti i genitori ed ai ragazzi che come noi, tante e tante volte si sentono scoraggiati e dubbiosi: costerà fatica ed anche dolore a noi e a loro, perché spesso si incontreranno persone e realtà che non sanno, non vogliono capire, ci si scontrerà con l'ignoranza, che davvero è il male peggiore, talvolta  a noi e a loro mancheranno la forza e la fiducia, ma nonostante tutto i nostri figli riusciranno con le loro grandi capacità a trovare la via per realizzare ciò che sognano.

giovedì 18 ottobre 2012

Dubbi di un genitore

  Oggi il mio bambino ha effettuato i test con la logopedista.
  Verificheremo  a che punto siamo giunti dopo anni di lavoro ed alla vigilia dell'iscrizione alla scuola media.
  Si dovevano fare a gennaio, ma poiché l'anno scolastico è iniziato con ansia e stanchezza abbiamo deciso di anticiparli.
  Sino all'estate eravamo, noi genitori, la logopedista ed anche le insegnanti, ben speranzosi che non ci sarebbero state difficoltà ad affrontare le medie, tanti e tali sono stati i suoi progressi.
  All'improvviso in agguato la sorpresa: il bambino è sempre più in ansia nell'affrontare i compiti, la scuola.
  Paure e tensioni che manifesta a casa, perché con i compagni, le insegnanti è orgoglioso e non vuol farsi vedere piangere.
  Nell'affrontare i compiti piange e si dispera, per rasserenarsi non appena troviamo una strategia di studio giusta per lui: che sia una mappa, uno schema o semplicemente l'evitare di scrivere una parte dell'esercizio.
  Anche in passato adottavamo tecniche di studio mirate sulle sue necessità, ma via via tale necessità si era affievolita, mentre oggi sembra essere tornata indispensabile. E soprattutto alcuni ostacoli come la scrittura paiono essere di nuovo insormontabili.

  Quindi speriamo  che dall'odierna seduta di valutazione scaturisca un aiuto perché a breve dobbiamo compiere una scelta importante come la scuola media. 
  Un momento determinante quello della scuola secondaria di primo grado perché condurrà il ragazzo alle prime scelte da adulto, quelle che modelleranno il suo futuro.
  Se quei tre anni saranno difficoltosi, fallimentari per l'autostima, non potrà valutare serenamente il giusto percorso, rischierà di arenarsi in scelte non adeguate alle sue capacità, di vedersi tarpare le ali.
  Di questo "domani" noi genitori sentiamo il peso, perché più che mai ci sembra dipenda dalle nostre scelte, quelle fatte e quelle ancora da compiere.
  Ci domandiamo se abbiamo seguito la giusta via, il giusto approccio.
  Certo siamo sempre stati sostenuti dalla logopedista, figura rassicurante per il bambino e  dalle insegnanti che hanno contribuito ai progressi raggiunti sino ad ora.
  Ma nonostante tutto mi domando: "Gli abbiamo chiesto troppo,  gli abbiamo lasciato intendere che poteva farcela ed oggi ha paura di deluderci?"
  Perché quel che è certo è che questi anni sono stati molto impegnativi per lui, forse troppo mi dico. Ed è così fragile l'equilibrio interiore di un bambino.
  Mi assale anche il dubbio di essere  troppo protettiva, ma io credo sia un  suo diritto frequentare la scuola con la serenità di chi dalla dislessia, dalla disprassia, disgrafia o altro non è mai stato toccato; vedo la diversità confrontando il suo percorso con la serenità della sorella, determinata non solo da differenti caratteri, ma anche e soprattutto dalla facilità che per lei ha lo studio. 
  Penso a quanto anche lui sia intelligente, eppure a quanto poco corrispondano i risultati scolastici alle sue capacità, a quanta fatica supplementare gli sia richiesta. 
  Vorrei vedere questa fatica ricompensata, e la sua intelligenza lasciata libera di sbocciare.
  Non so se e come questo sarà  possibile, se con una diagnosi di DSA lui sarà più sereno o meno.
  Forse non sarà necessaria nessuna diagnosi, perché magari ha già compensato le sue difficoltà, ed allora non so cosa placherà la sua ansia, il suo sentirsi inadeguato alla scuola.
  Forse basterebbe una scuola attenta alla persona più che al programma, ai voti, per permettere alle capacità di ogni ragazzino di prendere il volo.
  Ma non è facile trovarla, una scuola così.
  L'unica cosa che so è che cercheremo di fare il possibile perché possa provare a realizzare i suoi sogni, come è dovuto ad ogni giovane.
  Speriamo di riuscirci.
  Speriamo di non sbagliare.

lunedì 15 ottobre 2012

Cyberbullismo e bullismo.

Oggi mi allontano dal tema del blog per scrivere di cyberbullismo e bullismo.
L'argomento riguarda da vicino anche noi genitori di ragazzi con DSA, perché spesso i nostri figli hanno un'emotività, una sensibilità che li rende facile bersaglio dei vari bulletti di scuola ed  oggi anche dei cyberbulli .
L'occasione di questa riflessione è data dalla lettura di un articolo su "La Stampa" di domenica 14 ottobre. 
La storia è quella di una ragazzina canadese di quindici anni, Amanda Todd, che cede alle richieste di uno sconosciuto che sul web le chiede di mostrare il seno, a sua insaputa la ritrae e diffonde le immagini creando una pagina su Facebook. 
Queste vengono viste dai compagni, perché il misterioso individuo avvisa via internet ogni amico della ragazza, della quale sembra conoscere ogni abitudine.
Inizia così una vera persecuzione: amici ed amiche la abbandonano, la insultano, giungeranno a picchiarla.
Amanda tenta il suicidio ingerendo del detersivo, viene salvata dall'intervento della madre, ma lo sconosciuto mette on line la foto del detersivo linkata alla pagina di Amanda: gli insulti dei coetanei si fanno ancora più violenti.
La polizia invece di proteggerla la accusa, la visita a casa sua alle quattro del mattino dicendole che quelle foto le hanno viste tutti, chiedendole cosa sta combinando.

La ragazza non regge più: il 7 settembre posta un video su YouTube  http://www.youtube.com/watch?v=wBZLqd_ItNM  dove esprimendosi con dei bigliettini racconta la sua storia e la sua solitudine.

Lo scorso mercoledì si uccide. 

Del bullo la polizia non sa nulla.

Gli adolescenti possono essere fragili, ed in questi casi può non bastare che  conoscano i pericoli della rete ed i  comportamenti da evitare, questo lo sappiamo.
Siamo coscienti che il nostro dovere di genitori è vigilare, controllare.
Sinceramente io non mi illudo di riuscire a controllare tutto ciò che mia figlia fa sui social network e non mi sento di invadere con un controllo continuo la sua vita.
Cerco di tenere aperto il dialogo con lei, e lo stesso sarà poi con mio figlio. 
Sa che io sono sempre a presente per ascoltarla.
Soprattutto sa che non la giudico perché ricordo che alla sua età non sopportavo di essere giudicata.
Spero soprattutto che dal nostro confronto e scambio di idee ne esca rafforzata è più autonoma nei  giudizi e comportamenti.
Per altri genitori si tratterà di  un controllo più serrato, ognuno agisce secondo il proprio pensare, ma resta il fatto che oggi gli atti bullismo, nel web e nella realtà di ogni giorno sono frequenti.

Quel mi preoccupa ancor più dell'atto di bullismo  in sé è la reazione dei compagni, degli amici che spesso amplifica l'atto del bullo.

Il bulletto di scuola spesso viene temuto e guardato con ammirazione, la vittima derisa, con un atteggiamento da branco: gli interventi degli insegnanti sono tante volte labili, poco incisivi, perché non si può punire il ragazzo e con tante altre motivazioni più o meno valide, ma che non fanno bene né alle vittime, né al bullo. Quest'ultimo avrebbe necessità, a parer mio, che qualcuno lo aiuti a comprendere che il suo comportamento non può che isolarlo, portarlo ad essere fuori del gruppo. Anche lui, come la sua vittima ha bisogno di aiuto di essere ascoltato.


Nel caso tragico di Amanda Todd,  che dire di una polizia che non rintraccia chi perseguita la ragazza, ma colpevolizza quest'ultima?

E come porsi di fronte alla logica feroce di coetanei che lontani dal provare solidarietà per la compagna la allontanano, la isolano per essersi mostrata nuda, in nome di un moralismo becero e credo ben poco "cristiano".
Dove è nei nostri ragazzi la capacità di comprendere e condividere la sofferenza, di non condannare, ma prestare aiuto? 
Questi principi sono  i fondamenti della società civile.
Perché la scuola oggi è così presa dal rendimento dell'alunno da non riuscire ad educare a tali valori, da non avere il tempo di farlo?
Forse è meglio non conoscere qualche guerra, qualche data, ma essere sensibili ed accoglienti, disposti ad aiutare e non a condannare.
Noi genitori è indubbio dobbiamo guidare i nostri ragazzi in tale direzione, ma poiché non tutti siamo uguali e non tutti si assumono o credono in questo dovere, penso che i fondamenti del vivere in comune, della solidarietà e dell'accettazione dell'altro, debbano essere insegnati in primo luogo dalla scuola: perché il suo scopo è formare gli uomini di domani.
Se riusciremo a non mancare il compito di far pensare i giovani,   forse un'altra ragazza non dovrà provare la solitudine di Amanda.

martedì 9 ottobre 2012

Accettare le difficoltà emotive di un figlio con disprassia o disturbo specifico di apprendimento

La disprassia è subdola perché non sempre risulta evidente, come nel caso di mio figlio che solo ad un occhio esperto rivela alcune difficoltà di coordinazione, ed è subdola quando, a scuola come nello sport, la disprassia, così come altri disturbi di apprendimento, all'intenzione non fa corrispondere la realizzazione: cosa può esserci di più deprimente del capire, del sentire che si può riuscire e poi non farcela perché qualcosa nei nostri movimenti non ha funzionato? Credo che anche gli animi più forti si troverebbero in difficoltà.
Quanto può essere difficile  stentare a concludere la verifica, il dettato, perché dobbiamo andare a ricercare ogni singolo gesto per scrivere, perché sappiamo cosa significa la parola, come si risolve il problema, ma ci affanniamo ogni volta per ricordare come si scrivono quella frase, quel numero,  e ci sforziamo di  riuscire a farla stare tra quadretti e righe per poi accorgerci di essere restati indietro?
La scuola così può essere tanto difficile e farci fuggire anche se poi i risultati, i voti, i giudizi sono buoni, anche se le insegnanti sono comprensive, perché tutto ci pare essere al di sopra delle nostre forze: siamo solo bambini.

Ed in noi genitori, in me, mamma, qual è la reazione a tutto questo?
Nei periodi "sì" quando tutto va bene e la scuola sembra non essere così insostenibile, sono naturalmente contenta, ma  so che in agguato ci può sempre essere il mostro: l'ansia, la paura, lo scoraggiamento.
Ed infatti prima o poi si fanno vivi, non appena il ritmo scolastico diventa più pressante, eccoli apparire: li percepisco, già da lontano, dal velo di tristezza che oscura il sorriso del mio bambino.
Non mi è facile accettare la sua paura, vorrei incoraggiarlo, spingerlo ad andare avanti comunque, ad essere forte.
Vorrei che capisse che le difficoltà può superarle con l' intelligenza.
Che non è importante leggere, scrivere velocemente, ma pensare e capire, che è ciò che sa fare e che quindi non avrà difficoltà nella vita.
Ma la vita ora per lui è la scuola, l'impegno quotidiano, e quello spesso fa paura, lo blocca.
Vorrei vederlo andare a scuola, a praticare sport senza ansia e senza timore.
Ma lui non è così.
Ed allora mi ricordo che è solo un bambino, che ha diritto di avere paura, diritto di sentire di non farcela.
Non penso serva rammentargli che si devono superare, affrontare le difficoltà, questo lo sa già, anche se ha solo dieci anni.
Quando l'unico posto sicuro gli sembra la sua casa allora credo debba sapere che noi genitori accettiamo anche quell'ansia, il suo essere diverso non solo nel modo di apprendere, ma anche nel modo di essere, che accettiamo anche il suo arrendersi, il suo sentirsi debole.
Deve sapere che ha tutto il tempo di vincere la paura, tutto quello che gli sarà necessario.
Solo essendo cosciente che noi non lo disapproviamo, ma condividiamo con lui le difficoltà, potrà superare ciò che oggi  gli sembra insormontabile.
Perché si può non farcela ad affrontare sempre a muso duro un problema, perché alcune volte è necessario arrendersi per vincere.
Con  pazienza e amore ce la farà.



venerdì 5 ottobre 2012

Autismo: la lettera di un padre.

Ho letto questa lettera  di un padre e la voglio condividere con chi si trova a passare tra queste righe.


DIRITTI NEGATI...non è tempo per noi che non ci adeguiamo maipubblicata da Alessandro Capobianchi il giorno Sabato 15 ottobre 2011 alle ore 2.05 ·
ITALIA 19 LUGLIO 2012
ALLA CORTESE ATTENZIONE DEI MEZZI D'INFORMAZIONE

NON SONO " DIEGO DELLA VALLE"  CHE SI PUò PERMETTERE DI ACQUISTARE UNA PAGINA DI UN GIORNALE E SCRIVERE QUEL CHE  VUOLE, TUTTAVIA VI CHIEDO DI PUBBLICARE QUESTA LETTERA AFFINCHE' POSSA ARRIVARE DOVE IL BUON SENSO NON ARRIVA.


Immedesimarsi in una persona con Autismo... è praticamente impossibile,  ma anche la più amara delle giornate può avere un altro sapore. Questo vorrei dire a quelle madri e padri che hanno un figlio disabile.
Non riesco più a ricordare cosa significa essere normali, nel linguaggio di quel mondo di cui facevo parte e che oggi non mi vuole, da quando combatto contro lo spettro della patologia dell'autismo  e dell'autismo istituzionale.
Ho cercato in una vita normale di focalizzare lo scopo della mia vita, ma lungo il percorso è successo qualcosa d'inaspettato.
Come posso aiutarti a vedere, ora, figlio mio!? Posso solo sostenerti con le mie spalle per stare in piedi.
Non riesco a ricordare una vacanza, intesa come tale, una festa vissuta come dovrebbe essere vissuta.
Non siamo liberi di frequentare posti e luoghi comuni, a causa anche di una cattiva informazione, per la mancanza di strutture adeguate ad ospitare ed accogliere dei bambini ed i loro genitori.

Capita di avere di tanto in tanto un fine settimana positivo e quando arriva lo ricordi come un evento storico.

Si continua a parlare  di tagli. La crisi lavorativa e sanitaria colpisce anzitutto e soprattutto anziani e disabili, ma mai chi non ha problemi di natura economica...ed indirettamente o direttamente...anche i genitori degli stessi bambini e/o ragazzi disabili, una situazione che grava sulle famiglie ed aggrava le stesse famiglie, costringendole a sobbarcarsi di spese ABNORMI per una mancanza di servizi dovuti, ma non voluti...((( qualcuno sa dirci perchè?))) .

Dal punto di vista sociale, attendiamo da anni una risposta efficiente e soluzioni altrettanto efficaci.
Ci dicono "vedrai tutto si risolverà" ed intanto il tempo passa e per noi che di tempo non ne abbiamo, con lui ((( il tempo))), ogni giorno cresce lo sconforto, perchè non sai che fare... Poichè ogni giorno devi combattere con nuovi problemi legati alla malattia di tuo figlio e ti senti disarmato/a, inerme...e qualche volta ASETTICO.

Questo è un mondo che non ci vuole, che ci abbandona a noi stessi , ed in alcuni casi sono gli stessi amici a non comprendere  ed io sono stanco dei troppi rinvii e dico a tutte le istituzioni (((locali e non)))...BASTA...MA BASTA.
Bisogna intervenire SUBITO...come?
Partendo dalla soluzione e non dal problema...ascoltare i genitori... può essere un buon inizio ed applicare le leggi lo è altrettanto...poi occorre cuore e buona volontà.

Non posso sicuramente affermare che questo è quello che avrei voluto per i miei figli, pensando ad una famiglia, in questo mondo di squali.
Una vita difficile , dove solo se ti sai difendere con le unghie e con i denti, riesci a sopravvivere, dove il dio denaro la fa da padrone, dove si è perso il rispetto per il proprio simile.

Non è facile accettare una malattia, una patologia del proprio figlio, ed allora ti chiedi:
-Perchè proprio a me?
-Cosa ho fatto di male?
-Cosa posso fare?
-Chi mi aiuterà?
E poi ti rendi conto che è e sarà solo tuo figlio che vivrà una vita difficile, in un mondo che va sempre piu' di corsa, lasciando indietro chi non è in grado di stare al suo passo...ed in qualche caso anche volutamente abbandonato...poichè considerato un peso dalla comunità.

Non ho certo la bacchetta magica per risolvere i problemi, SONO UN GENITORE COME VOI, non ho la ricetta per uscire dal tunnel dell'autismo, MA HO CAPITO COSA SERVE AI MIEI FIGLI, QUALI SONO LE STRATEGIE DA ADOTTARE E PERCHE'.
Ho capito che non è piangendomi addosso, che darò un futuro ai miei figli. Se puoi capire anche tu, che non hai nulla da perdere, se puoi credere di poter dare un futuro  a tuo figlio e a tutti figli dell'autismo, ALLORA SEI GIA' TRE PASSI AVANTI.
 Ho vissuto parte della mia vita alla ricerca di risoluzioni ai miei problemi, rivolgendomi alle istituzioni, nella speranza che qualcuno con un cuore grande mi prendesse per mano, facendomi uscire dal baratro. Ho vissuto così 2 anni di travaglio cercando risposte a domande dove risposte non c'erano.
Ho perduto del tempo prezioso che  mai nessuno mi restituirà e ancor meno ai miei figli, per accorgermi  che solo un genitore come me può capire lo stato d'animo nel vedere il proprio figlio  autistico....un misto tra angoscia e impotenza,  per scoprire di non poter parlare con nessuno, perdendo ogni contatto con la realtà, con la  vita sociale ed allora si diventa disabili nostro malgrado e nello specifico AUTISTICI.
Ho conosciuto Mara, una mamma ed una donna straordinaria. Ho visto in lei gli occhi di una madre gonfi di dolore per l'autismo di suo figlio,  senza nessuno a cui raccontarlo,  con la consapevolezza di essere SOLA. In lei ho rivisto i stessi miei occhi.
Ho rivisto quegli occhi ritornare alla speranza , a sorridere verso un suo simile,  anche se solo uno sconosciuto e comprendere che insieme è possibile  vincere.
Insieme possiamo fare tanto, insieme possiamo aiutare i nostri figli, scendere dal titanic per risalire sull'arca....non permettere a nessuno di annullarti, noi siamo chi vogliamo essere.
Ma il vero autistico, il vero ostacolo è la politica ed i suoi rappresentanti che si mettono le dita nelle orecchie per non sentire, le mani sugli occhi per non vedere, sulla bocca per non parlare ed in mezzo alle gambe ...per farsi cavoli suoi.
Vedendo , anni fa, "rain man" , oggi in una tournè teatrale, pensavo, durante e dopo a cosa avessi fatto se fosse capitato anche a me. Oggi ho 3 figli di cui 2 autistici e mi batto per loro, vivo per loro, morirei per loro.
 Il senso di responsabilità dei genitori con figli autistici è elevatissimo Non possiamo spianare loro la strada, ma  costruire attraverso un duro lavoro una carta stradale con la quale possono orientarsi.
voglio salutarvi dicendovi che questa lettera non è rivolta solo agli orfani di ideali ma si rivolge anche a coloro che vogliono cambiare il modo di guardare all'esistenza.
Nelle parole di questo padre ho ritrovato anche il mio, il nostro dolore di genitori con bambini con DSA, un dolore, una  preoccupazione infinitamente più piccoli, perché i problemi del mio bambino sono nulla di fronte a ciò che deve affrontare questo papà con i suoi figli.
Tuttavia noi, che seppure con minore gravità viviamo comunque una "diversità" dei nostri bambini, ragazzi, sappiamo cosa sia lo sconforto che attanaglia nell'affrontare il  "loro"  quotidiano, l'ansia che assale ogniqualvolta si pensa a cosa sarà la "loro" vita.
Comprendiamo con il cuore il significato del vivere in un mondo che corre e non ha intenzione di aspettare chi è più debole, meno veloce. Le buone intenzioni questa società oggi le mostra spesso solo a parole, ma di fatto chi "non è a norma" è lasciato da parte, come un macchinario obsoleto.
Si incontra anche chi capisce e accoglie, ma individualmente, mentre la società, le istituzioni, la scuola per prima tante volte se ne lavano le mani, lasciano i genitori soli; spesso, ed oggi anche a fatica, si concede un insegnante di sostegno che troppe volte,per la scarsità di risorse e volontà, ho visto tramutarsi nel mezzo per isolare ancora più un ragazzo.
Noi siamo fortunati oggi ad avere una legge che ci permette di difendere i nostri ragazzi con disturbi di apprendimento, ma io credo che il prossimo passo da compiere sia quello perché ogni diversità sia accolta, perché i ritmi di ciascuno siano rispettati ed in ognuno sia vista una ricchezza, perché il vissuto di questo padre e di tanti genitori come lui sia intessuto di solitudine.
In una società degna di essere chiamata "civile" tutti i ragazzi sono figli di ciascuno di noi, e per ognuno dobbiamo volere il meglio.

mercoledì 3 ottobre 2012

Piccoli lavori per alleviare la rabbia di un bambino con disprassia

In questi giorni, anche come conseguenza dei test d'ingresso alla quinta elementare, mio figlio è stato molto teso con accessi di rabbia  frequenti e intensi: uno scenario simile a quello che viviamo tutti noi genitori di bambini con disturbi specifici di apprendimento. Mi sono così presa il tempo di riflettere ed ho pensato, aiutata molto dal confronto con altri genitori sui social network, che:
- La scuola in qualche modo gli sta rovinando l'infanzia, con l'assillo di test, compiti, esercizi. Questo non posso e non voglio permetterlo, la sua infanzia è breve e ha diritto di godersela, come gli altri bambini che non hanno disturbi specifici di apprendimento.
- Devo recuperare un rapporto con lui, perché spesso più che la mamma sono costretta ad essere un'insegnante. Non rifiuto questo ruolo, lo svolgo volentieri perché so che per lui è determinante l'essere seguito da me a casa, ma non posso essere solo questo, non è così che una volta adulto voglio ricordi il suo essere bambino.
Così gli ho proposto alcune piccole attività, un po' per giorno.
Attività che nel suo caso lo aiutano anche a migliorare la coordinazione motoria fine, ma soprattutto ci divertono, perché questo è il loro scopo: stare insieme.
Premetto che non ho una buona manualità e quindi non riesco ad organizzare granché, ma qualcosina che rilassi entrambi siamo riusciti a farlo.
Una delle attività che il mio eroe preferisce è il disegno, intendiamoci quello libero da vincoli scolastici:perché  il ragazzo odia disegnare per la scuola, ma a casa, libero di mettere sul foglio ciò che attraversa la sua mente è capace di trascorrere ore a tratteggiare mostri, eroi ed animali fantastici.

Spesso disegno con lui, perché è una delle poche attività che mi riescono decentemente, ma lui segue una sua strada:
non ama particolarmente colorare, certo alcune volte maneggia tempere e pastelli, ma la sua opzione preferita è il bianco e nero, l'uso della matita. In casa ho sempre favorito l'uso di ogni tipo di colore e la mia figlia maggiore ricordo che sin dalla più tenera età affogava letteralmente nei colori, un giorno addirittura si è dipinta tutto il corpo con i colori a dita. Il piccolo invece no, da piccolissimo rifiutava di toccarli, anzi mostrava un vero e proprio ribrezzo, per la pasta al sale, per i colori e tutto ciò che impiastricciava le mani. Quando venni a conoscenza della sua disprassia, all'incirca verso i cinque anni di età, la collegai con il suo rifiuto delle attività di manipolazione; ho pensato che il suo fosse proprio il fastidio dato da uno stimolo sensoriale che forse non riusciva a rielaborare. Magari è una interpretazione sbagliata, ma è stata la mia impressione.
Visto che disegna a matita ho deciso che gli proporrò il carboncino e la matita sanguigna, che offrono un'esperienza di disegno differente, sia visiva che tattile.
Come attività si potrebbero usare anche la creta, la pasta al sale , ma raramente questi materiali lo interessano, talvolta lavora con piacere la pasta al sale, più che altro a Natale per fare le decorazioni dell'albero. Adorata, chissà perché, è invece la gomma pane, per creare piccoli animaletti, scelta di materiale inconsueta, ma gradevole e quindi generalmente andiamo con l'adoratissima gomma pane.
Poiché voleva usare il coltello gli ho proposto, di intagliare le patate. Grande successo, certo che vederlo alle prese con un vero coltello, seppure non dei più taglienti, mi preoccupa, ma si diverte, migliora tanto la  sua abilità nell'usare le mani, offre il contatto con una superficie non artificiale e quindi è ricca di stimoli sensoriali, ma soprattutto è positiva per la sua autostima: usare il coltello con abilità, non è poco per lui e neppure per me, quando lo guardo ne sono orgogliosa di quei mostricciattoli tipo Jack la zucca che riesce ad ottenere!
Altra attività che condividiamo è il cucinare, gli piace mescolare, frullare, è il mio aiutante per tritare il prezzemolo (adora la mezzaluna) impanare cotolette e preparare torte e frittate. Non dimentichiamo neppure il fare il pane, formare il filone con la pasta lievitata, seguendo alla "lettera" istruzioni che gli impartisco relative alla pressione con cui arrotolare e allungare la pasta, la posizione da far assumere alle dita per la formatura ... impegnativo per entrambi ma di grande soddisfazione.
Cosa può esserci di meglio per lui, che tante volte si sente impari di fronte alle difficoltà quotidiane  che gli altri affrontano con leggerezza, se non il vedere la sua opera giungere in tavola ed essere gustata da tutti con soddisfazione, magari dopo la lunga e trepidante attesa per la lievitazione e cottura del pane, tutto questo lo rende orgoglioso ed io gli faccio notare come siano pochi i suoi coetanei in grado di preparare simili prelibatezze!
La concretezza del risultato, la soddisfazione del nostro piccolo gruppo fanno sentire importanti, capaci di creare qualcosa di unico, qualcosa che risponde ai progetti fatti in partenza, alle attese,  e spesso questo per un bambino con disprassia o altri disturbi di apprendimento non è facile da raggiungere.


lunedì 1 ottobre 2012

La sofferenza e la solitudine in un disturbo di apprendimento

Penso sia frequente per molti genitori di bimbi con un disturbo specifico di apprendimento, di qualsiasi entità esso sia, dover fronteggiare il mal di scuola dei propri figli.
La quinta elementare nonostante gli ottimi risultati ottenuti nelle prove d'ingresso, nasce per noi sotto segni negativi: mio figlio, pur nella sua innata allegrezza, è preoccupato, scoraggiato e sembra già non poterne più.  Il tutto si manifesta con mal di testa, mal di pancia, pianti all'idea della scuola e crisi di rabbia per i compiti, lo studio, la scuola intera in pratica.
Cosa fare?
Mio figlio ha uno splendido carattere, solare, allegro e così a scuola le maestre per prime non riescono a percepire il suo disagio, lo possono fare solo quando io  parlo con loro di tutto il carico di emotività e tensioni che il bambino nasconde dietro il sorriso. Allora mi/ci capiscono, anche se a volte ho l'impressione di sembrare una mamma iperprotettiva, il che non  sono, o sono solo quando costretta.
Di fatto a scuola il bambino ha la maggior comprensione possibile da parte delle insegnanti, pur con le difficoltà connesse all'organizzazione scolastica, perché grazie ai tagli nella classe si avvicendano ben sei maestre.
Lo vedo giocare con i compagni e quindi penso abbia una buona socializzazione, un discreto inserimento, come confermano le maestre.
I suoi risultati sono positivi, buoni i voti e sa anche che a noi genitori i voti non interessano, ma purtroppo a lui sì.
Ed allora perché sta male?
Ho sempre parlato con lui della sua disprassia, disgrafia, gli ho spiegato come lavora il suo cervello, e  messo in evidenza le sue positività.
Può usufruire di tempi più lunghi per svolgere compiti ed esercizi, ma lui non accetta facilmente questa possibilità.
Il motivo del suo dolore e della sua rabbia  e credo possa essere così anche per altri bambini, è che sente in modo fortissimo il contrasto tra ciò che sa di poter fare e ciò che riesce a realizzare, contemporaneamente subisce il confronto con gli altri.
Capisce benissimo le spiegazioni della maestra, ma quando queste si concretizzano in esercizi, dettati, non può fare a meno di restare indietro, si sente umiliato e rabbioso. Negli anni passati i ritmi erano più lenti, ma in quinta sta cambiando ciò che si chiede ai bambini e lui teme di non farcela. quindi il suo disagio.
Certamente noi in famiglia gli spieghiamo che accettare se stessiè la prima cosa da fare e che  con la logopedista, che conosce oramai da anni, troveremo il modo perché lui possa affrontare le difficoltà. 
Gli ricordo quanto è stato faticoso imparare a scrivere, a leggere e come ci sia riuscito.
 Lui sa tutto questo, però a scuola si trova da solo di fronte ad una spiegazione che scappa via, che corre via dalle mani che non tengono il ritmo nel trascriverla, solo ad affrontare il compagno che non resta indietro e lo fa notare, oppure chi ha sempre voti migliori. Sono amici, si gioca insieme, ma  i bambini si confrontano.
Ed allora penso che in fin dei conti, anche se in questa scuola  c'è disponibilità verso il mio bambino, ed abbiamo avuto esperienze ben peggiori, tuttavia alla fine siamo soli. 
Perché la didattica è una per tutti, rigida, il programma deve essere svolto secondo tempi stretti e stabiliti, la prassi di insegnamento non può essere cambiata, ed è facile essere fuori tempo, fuori tutto. Là dove non arriva la scuola nel nostro caso si supplisce con il lavoro e  l'attenzione a casa, e questo è ottimo per il suo apprendimento, ma nella giornata in classe è solo ad affrontare quel suo modo di imparare differente, e questo gli pesa, tanto.
Siamo soli perché io debbo aiutare mio figlio a capire  e ad accettare il suo modo di essere, di questo si tratta quando parliamo di DSA, non di un problema ma di un differente modo di essere, ma la scuola si dovrebbe impegnare, non solo con discorsi generici, a far comprendere che si può essere diversi, non solo nell'aspetto esteriore, nella lingua, ma anche nella mente, nelle abilità. E venire incontro alle capacità di ogni allievo.
Oggi questo lo si fa in poche scuole, non credo per colpa degli insegnanti, perché sono tanti i maestri che vogliono aiutare i propri allievi, ma perché servirebbero più corsi di aggiornamento, più insegnanti per classe, per intervenire sui problemi di ciascuno.
La scuola che vorrei è descritta in questo documento (segnalato su Facebook) http://www3.varesenews.it/documenti/201209/dislessia%20vademecum%20termine.pdf.
 In particolare a pagina 26 leggo:
Occorre riflettere sui processi di insegnamento e di apprendimento,
facendoli oggetto di studio e di ricerca. I ragazzi con DSA seguono
la programmazione della classe, ma necessitano di adattamenti
metodologici, di strumenti compensativi e di misure dispensative. Le
difficoltà manifestate da questi alunni richiedono agli insegnanti di
riflettere sul proprio modo di insegnare, ripensando la didattica in
modo tale da renderla più flessibile e più rispondente ai bisogni di
ciascun studente. 

A pagina 28 leggo ancora:
E a pagina 28:
 
Si consigliano, quindi, attività e strategie diversificate che possano
rispondere alle esigenze del singolo alunno con DSA, ma che,
valorizzando le diverse competenze, possano servire anche per tutti
gli altri:
● brainstorming (input anche visivo) 
● discussione collettiva e costruzione di mappe concettuali e/o
schemi 
● lezioni con lʼausilio di power-point, mappe concettuali, registrazioni
● cooperative learning 
● lavoro in coppia e in gruppo 
● tutoraggio…

Mi pare di sognare eppure è di questo che mio figlio avrebbe bisogno.
 

venerdì 28 settembre 2012

Scuola: quale orario? Insegnanti o genitori?

Al momento di iscrivere a scuola i miei due figli, in particolare il minore che aveva problemi di disprassia ed il cui percorso scolastico si preannunciava impervio, mi sono chiesta quale potesse essere la scelta più adatta alle loro esigenze: per entrambi ho optato per un orario ridotto, il cosiddetto "modulo" che prevede solo due o tre pomeriggi a scuola.
L'ho fatto perché, pur sapendo che esistono tanti bravissimi insegnanti , purtroppo non ho piena fiducia nel sistema scolastico, che vedo per troppi aspetti superato e dedito spesso a riempire le menti di nozioni, più che a scovarne potenzialità ed a sviluppare passioni.
Con un bambino disprassico, disprassia che seppur lieve comporta diversi problemi a livello scolastico, la scelta era ulteriormente motivata, perché con la presenza di dislessia e disgrafia il supporto del lavoro a casa era ed è  indispensabile.
Nella scuola la didattica è standardizzata generalmente su bambini che non presentano problemi, certo esistono anche dei corsi di recupero, ma questi momenti sono pochi, viste le difficoltà economiche della scuola italiana,  e spesso non sufficienti a risolvere le difficoltà degli studenti.
Anche piccoli aspetti del quotidiano scolastico per mio figlio potevano e possono essere di ostacolo, ovviamente ogni bambino con DSA è un caso a sé, con problematiche e soluzioni diverse. 
Mio figlio ad esempio è molto sensibile al rumore, pur essendo di suo un bambino vivace e quindi chiassoso, non sopporta suoni intensi ed  il chiasso della classe  è tra questi, spesso rientra con il mal di testa ed un grande nervosismo: ovviamente in tale situazione non è facile partecipare alle lezioni, anche per chi non ha disturbi di apprendimento, figuriamoci quando un bambino per scrivere, incolonnare ecc... impiega buona parte delle sue energie.
Nonostante abbia una intelligenza vivace, come molti altri ragazzini con disturbi specifici di apprendimento, spesso per lui è faticoso seguire il lavoro scolastico, ad esempio dovendo scrivere a lungo si stanca: sa che può non finire, che la maestra non gli dirà nulla, ma lui si affanna ugualmente, perché vuole essere come gli altri. Sinceramente io credo che tutti potrebbero fare a meno di scrivere così tanto, ma la situazione è questa e al momento gli insegnanti non ci sentono da quell'orecchio. Certe volte basta una mattinata piena di verifiche o con tante spiegazioni da seguire, tutto sommato abbastanza comune a scuola, perché torni a casa estenuato.
Mio figlio ha dei tempi personali, fatti di pause per ritrovare le energie, per far correre la fantasia, il pensiero dietro i suoi interessi e fantasie. Tempi che non definisco "lunghi" oppure "lenti", parole con una connotazione negativa, io li chiamo i tempi della calma, per trovare le parole, la traccia utile per imparare.
Questo tempo la scuola non lo concede, quando si ha diritto ad averlo è un momento che ti divide dagli altri, che diciamolo, il più delle volte ti vedono come diverso, e molti bambini non lo accettano facilmente.
Nelle ore che mio figlio ha potuto trascorrere a casa, siamo intervenuti là dove era necessario, l'apprendimento della lettura e scrittura nei primi anni, poi in quarta ed ora in quinta per elaborare sintesi e schemi dei tanti, tanti, (forse troppi?) argomenti da studiare. 
La maestra spiega benissimo, il ragazzo capisce come i suoi compagni, ma quando è il momento di organizzare il tutto nella mente per la verifica o l'interrogazione, allora arriva la necessità di lavorare come a scuola non hanno fatto, visualizzare la materia in modo differente, insomma trovare  il modo giusto per lui, perché le conoscenze possano emergere. Si potrebbe anche fare a scuola, magari con l'ausilio di strumenti informatici, e sono certa che sarebbe utile per tutti, ma ancora una volta non è la normale prassi.
Dobbiamo  anche aggiungere il tempo necessario a spiegargli perché per lui è così difficile, rincuorare, incoraggiare, mostrare i punti di forza e dire il motivo per cui a scuola quelle capacità non meritino un voto maggiore: perché chi ha studiato mnemonicamente e riesce a sciorinare per scritto o orale una bella sfilza di nozioni ottenga dieci e lui, che invece si è davvero appropriato di quell'argomento, che sa anche più di quello che è scritto sul libro, ma deve andare a cercare le parole nella sua mente e quindi espone con incertezza oppure scrive le risposte in modo schematico abbia un voto inferiore. Sì perché per i bambini il voto è importante, li confrontano ed è inutile dire che per noi non sono importanti, per lui lo sono:  a scuola i voti sarebbe bene non ci fossero, ma oggi è indispensabile valutare ed incasellare, non si discute.
Il tempo necessario a fare tutto questo lo abbiamo sottratto a quello trascorso a scuola, e sono fortunata ad aver potuto compiere questa scelta, ma è stato faticoso e davvero spesso sono rammaricata di non poter essere solo la sua mamma, ma anche e sempre la maestra che insiste, insiste. 
Altri genitori questo lavoro lo fanno quando i figli escono da scuola, nel fine settimana, ma qualunque siano i momenti scelti la fatica, l'impegno sono eguali per tutti.
Certo sarebbe bello se la scuola fosse più duttile e sperimentasse nuove didattiche volte a non escludere nessuno, ma purtroppo al momento questo è raro, forse migliorerà e noi potremo tornare ad essere solo genitori.

mercoledì 26 settembre 2012

Disprassia: il problema di mio figlio.


 

Mio figlio è disprattico.
Questo lo porta ad avere problemi di dislessia, disgrafia ecc.., disturbi per lui  di origine "secondaria" perché a differenza di un ragazzo con DSA primaria la causa delle sue difficoltà è là, nella disprassia, di cui il goffo  Pippo è il simbolo.
DI COSA SI TRATTA: La disprassia è un disturbo della coordinazione motoria, questo comporta che le prestazioni le quali implichino una coordinazione motoria (fine o grosso motoria) risultino difficoltose e al di sotto di quello che dovrebbero essere per l'età e le abilità intellettive del bambino. Insomma sono quei bambini goffi e maldestri, che sembrano essere sempre di qualche anno più giovani (il che in questo caso non è desiderabile, purtroppo).
Le cause della disprassia ad oggi non sono chiare, sembrerebbe da imputare ad una immaturità di sviluppo del sistema neuronale centrale, ma come mamma sinceramente poco mi importa.
I bambini disprattici sono all'incirca il 6% della popolazione del nostro paese compresa tra i 6 e gli 11 anni. I maschi lo sono più frequentemente delle bambine.
Si tratta di bambini con una intelligenza nella norma e spesso al di sopra di essa.
Per un bambino disprattico può essere difficile compiere molte o solo alcune delle normali attività quotidiane.
Può avere difficoltà a vestirsi seguendo il giusto ordine, ad allacciarsi le scarpe, ad impugnare correttamente le posate, a riempire il bicchiere senza versare l'acqua, insomma a compiere tutte quelle azioni che richiedono una sequenza di movimenti, semplice per noi, ma difficilissima per un ragazzino disprattico. Può anche trovare difficile fare le scale, giocare a palla ...
L'attività motoria può essere per il bambino apparentemente facile e svolta con rapidità e potenza, ma nel momento in cui deve essere finalizzata ad uno scopo, quando richiede precisione nel movimento e nella gestione dello spazio, risulta scoordinata e spesso associata a movimenti non necessari, in eccesso, io dico che mio figlio nel movimento è "rindondante", se corre lo fa velocemente, ma amplifica l'atto con una quantità di movimenti inutili che di fatto riducono l'efficacia del suo sforzo. Questa caratteristica può essere un problema nelle attività sportive, che spesso non gratificano il ragazzo e non favoriscono l'instaurarsi di rapporti di amicizia.
La disprassia comporta anche delle difficoltà nella vita scolastica, più evidenti nel periodo riguardante le elementari e le medie.
Per un ragazzino disprattico può essere arduo tenere in ordine i quaderni, copiare dalla lavagna e/o da libri e quaderni, perché ad essere difficoltosa è la coordinazione oculo-motoria.
Possono esserci difficoltà:

  • nella lettura, presentando quindi dislessia
  • nello scrivere e nel disegno,perché è carente la coordinazione occhio-mano
  • in matematica
  • nella memorizzazione.
Poiché queste sono le stesse difficoltà che presentano i bambini con DSA anche i disprattici possono usufruire della legge 170/10.
COSA FARE: Parte del percorso da compiere con un bambino disprattico coincide comunque con il lottare con la dislessia, la disgrafia ecc.., anche psicologicamente i bambini hanno lo stesso bisogno di essere rassicurati ed è sempre necessario far leva sui loro punti di forza.
Tuttavia ci sono implicazioni nella vita pratica di cui si deve tener conto, per rendere ai nostri figli un po' più semplice il cammino verso l'autonomia.
Ad esempio io ho semplificato alcune procedure che per il mio bambino potevano essere fonte di ansia e le ho messe alla sua portata: lui sa allacciarsi le scarpe, ma con tempi lunghi e alcuni nodi di troppo, così oggi porta scarpe da ginnastica come i ragazzi più grandi, slacciate, è semplice e veloce ed è contento, poi quando lo desidera le allaccia, con il tempo che serve e qualche nodo un po' complicato.
Per quanto riguarda i vestiti io li preparo sovrapposti nell'esatto ordine con il quale li indosserà, slip, maglietta e così via, dapprima con la parte posteriore rivolta verso l'alto, cosicché siano solo da prendere e da infilare, generalmente oggi riesce a far a meno di questo aiuto, ma sino allo scorso anno è stato utile.
A tavola cerco di evitare bicchieri dall'equilibrio incerto o fragili.
Naturalmente quando qualcosa si rovescia, faccio finta di nulla e  sdrammatizzo.
Poi ci sono stati aiuti più specifici, di terapia motoria. In particolare abbiamo lavorato per migliorare  consapevolezza del proprio corpo, e questo lo ha aiutato a migliorare la grafia e penso anche la lettura. Sono stati tanti i momenti trascorsi a sottolineargli, toccandolo e facendolo toccare, sentire da solo, quali parti del suo corpo fossero coinvolte nel momento in cui scriveva: "come è messa la spalla, il braccio il polso mentre scrivi?" , " e se prendi questa posizione più corretta, non senti minore rigidità?". Insomma ha appreso a livello cognitivo quelle sequenze necessarie a tenere la penna e poi a scrivere, che per noi sono immediate, naturali.
Così è stato per imparare a scrivere ogni singola lettera, gli abbiamo fatto notare vedere quale era il movimento giusto da compiere, la sequenza più rapida e tante volte povero piccolo mi faceva pena con tutta la sua fatica: oggi la sua grafia è migliorata, anche se per lui scrivere è sempre una fatica immane, ed io mi rendo conto come sia un atto "cosciente" e non automatico, e quindi più lento e faticoso.
Per quanto riguarda lo studio puntiamo molto sulla visualizzazione mentale della materia.
I progressi sono stati tanti, ma la sua fatica e spesso, spessissimo la frustrazione grandi.
Lo sport è anch'esso un punto delicato, perché gli sport di squadra possono risultare deludenti per un bambino che abbia difficoltà a seguire il movimento del gruppo, infatti al momento pratica una attivià individuale e scarsamente competitiva, l'atletica leggera. Io spesso lo osservo durante gli allenamenti e  al fianco della sua innegabile potenza fisica ( io la definisco così) vedo ancora tanti, troppi movimenti inutili che lo impacciano, ma con il tempo mi dico migliorerà.
Sempre di grande aiuto per la sua autostima è la rassegna di personaggi famosi e disprattici. Tom Cruise, Carl Lewis, Magic Johnson, Vincent Van Gogh ed efficacissimo con i bambini Daniel Radcliffe, ovvero Harry Potter.

Per avere maggiori informazioni sulla disprassia, essendo io solo una mamma e non uno specialista, vi consiglio:
http://www.aidee.it/index.php il sito dell'Associazione Italiana dell'Età Evolutiva,
http://www.disprassia.org/ dove trovate anche un interessante forum,
http://www.dyspraxiafoundation.org.uk/

lunedì 24 settembre 2012

Compiti a casa:imparare meno, imparare meglio

Primo fine settimana con i compiti per mio figlio in quinta elementare: pochi questa volta, ma vista l'esperienza degli anni precedenti so che non durerà.
Sarà perché sono pur sempre un'insegnante, anche se "dismessa" come sono solita dire, ma per me è sempre stato importante seguire i miei figli nello studio, ed infatti per entrambi non scelsi il tempo pieno.
Essendo  coinvolta in primissima persona nella loro avventura scolastica, ancor maggiormente nel caso del piccolo a causa dei suoi disturbi specifici di apprendimento, mi interrogo sul senso del fare i compiti.
Quanti, come? Sono proprio necessari tutti?
Sicuramente molti bambini senza problemi di DSA riescono a svolgere con facilità una mole di lavoro notevole, con genitori contenti, fortunati loro, ma altri, genitori e figli,  felici  non sono  e difficoltà ne trovano... perché il discorso compiti accomuna tutti, in fin dei conti.
In ogni caso mio figlio ovviamente necessita  di maggiore tempo per i compiti, per lo studio, ed anche di metodi personalizzati.
Quindi ho deciso che quest'anno studierà meno per studiare meglio. 
Ho un mio progetto di lavoro.
Ritengo importante che impari e rafforzi alcuni aspetti della sua preparazione:
  • La grammatica, ci sono nozioni, ad esempio di analisi grammaticale, importanti per il futuro scolastico, lui le possiede in modo confuso e quindi cercheremo di fissarle in mente.
  • Apprendere terminologie specifiche, appropriate per le varie discipline, così avrà un bagaglio di parole che gli permetterà di orientarsi, memorizzare ed esporre con più sicurezza.
  • Migliorare capacità fondamentali come quella di individuare le cause di un fatto e le sue conseguenze, stabilire semplici relazioni in ciò che studia, orientarsi sulla linea del tempo, sempre difficile e non solo per i ragazzi con DSA.
  • Svolgere calcoli e problemi non velocemente e in grande quantità, ma comprendendo il metodo da utilizzare per giungere alla soluzione.
Per fare tutto questo, che so essere alla sua portata, svolgerà una quantità inferiore di compiti  e talvolta rimarrà casa per studiare.
Insomma ho deciso di sfrondare il suo anno scolastico da ciò che non gli è utile.
Perché i suoi tempi sono lunghi, perché ha bisogno di pause frequenti e poi perché io sono convinta che per studiare bene ci voglia tempo, per tutti.
Chiarito questo a me stessa e a lui, via a lavorare con mappe mentali, schemi per evidenziare singolarmente ogni elemento da studiare,. anzi in cartoleria ho già acquistato cartoncini di tutti i colori da usare per visualizzare con chiarezza i vari argomenti,  poi li appenderò per la casa, così li avrà sempre a portata d' occhi e di mente, questo metodo negli anni passati ci ha aiutati parecchio, oltre a colorare la casa.
Personalmente credo che una scuola meno ricca di nozioni, senza l'assillo del programma da svolgere sarebbe utile a tutti i ragazzi, ma oggi non è così ed allora mi dico che in fin dei conti i disturbi specifici di apprendimento di mio figlio, se per tanti aspetti gli rendono difficile la vita,  gli consentono però di acquisire strategie di studio efficaci e soprattutto di prendersi il tempo necessario ad imparare, a riflettere, la più grande ricchezza, il miglior insegnamento da trarre dalla scuola.
Pensando questo immagino che la sua fatica sarà più lieve.

venerdì 21 settembre 2012

Quanto costa non curare i bambini

In questi giorni all'Università di Padova si tiene un convegno intitolato: "Quanto costa curare e non curare i bambini". Lo special guest doveva essere il pediatra americano Barry Brazelton http://en.wikipedia.org/wiki/T._Berry_Brazelton, che pur non essendo intervenuto materialmente a causa dell'età, è stato vivo riferimento degli interventi dei colleghi italiani.  Il professor Brazelton in occasione del discorso di ringraziamento al presidente Obama per l'onorificenza di "Champion of Change" ha quantificato, riferendosi a studi econometrici,  i costi della mancanza di cure ai bambini nel primo anno di vita: 
 "ogni dollaro speso per curare i disturbi nel primo anno di vita dei bambini, ne fa guadagnare altri 17".  
Il celebre pediatra sostiene che le avversità gravi, le deprivazioni psicologiche, economiche e culturali  del primo anno di vita, compromettono il futuro dei bambini ostacolandone il proficuo inserimento nella società e obbligando quest'ultima non solo a sostenere i costi per cure sanitarie, ma anche quelli elevati per il controllo sociale.  Questo è un calcolo economico che i governi europei  pare non vogliano sentire. Mi basta pensare alle difficoltà che molti genitori incontrano per l'assegnazione dell'insegnante di sostegno al loro figlio, o ancora alle sedute di logopedia spesso concesse con il contagocce.  Penso anche alle difficoltà in cui versa la scuola, che, con le poche risorse di cui dispone, solo raramente e a  fatica riesce a recuperare i ragazzi problematici. Eppure ogni mancato intervento volto a potenziare le capacità cognitive,  a migliorare le relazioni umane di  un bambino, peggiora il mondo in cui viviamo. Ma per pensare al recupero, all'inserimento di chi parte da condizioni svantaggiate è necessario chiedersi che società desideriamo, perché senza un progetto per il futuro non è possibile migliorare, e neppure rendere felice l'infanzia. 


                                                                       

giovedì 20 settembre 2012

Mamma cos'è la dislessia? Allora sono dislessico?

La logopedia mio figlio l'ha conosciuta più o meno a quattro anni e mezzo, quando era ormai evidente che ulteriori progressi nell'acquisizione del linguaggio non ne avrebbe fatti.
Gli spiegammo che i faticosi esercizi che lo impegnavano gli sarebbero serviti per migliorare il modo parlare, per imparare nuove parole; gli dicemmo che lui aveva bisogno di un aiuto in questo e che  altri bambini potevano avere difficoltà diverse: ad esempio sua sorella aveva iniziato a camminare molto più tardi di lui.
La domanda vera, chiara: "Mamma cos'è la dislessia? Io sono dislessico?" l'ha posta a pochi mesi dall'inizio della terza elementare, di mattina, in macchina, mentre lo accompagnavo a scuola.
Come spiegare con semplicità qualcosa di difficile?
Io ho usato questo raccontino molto semplice:
- Il nostro cervello è in grado di fare miliardi di collegamenti. Alcune zone si occupano di interpretare quello che vediamo, udiamo, annusiamo, altre ci guidano nel compiere certi movimenti, grandi e piccoli, ad esempio  è il cervello che ci permette di ricordare in che ordine dobbiamo indossare i vestiti.
Però tutte le persone sono diverse tra loro e non esiste una unica strada per raggiungere un risultato.
Immagina il nostro cervello come fosse suddiviso in tanti cassetti, un cassetto per ogni cosa da fare, da imparare.
C'e il cassetto dell'alfabeto, pieno di letterine, vicino c'è quello che contiene le regole per mettere insieme le lettere e formare parole, frasi, proprio sotto c'e il cassetto della scrittura, con tutte le regole per pescare i segni giusti e abbinarli, poi c'è quello dei numeri e così via, cassetti per ogni cosa della nostra vita, per allacciarsi le scarpe, fare le scale, correre e tutto ciò che ti viene in mente. E si riempiono sempre più mano a mano che diventiamo grandi.
Quando i tuoi compagni devono leggere, scrivere, fare i compiti di matematica vanno ad aprire il cassetto giusto dove c'è scritto LETTURA, NUMERI, sanno già dove andare a cercare ciò che gli serve ed è tutto lì comodo, così eseguono gli esercizi in fretta.
Ma poiché tutti siamo diversi succede che nel tuo cassetto della lettura,  e così in quello dei numeri, ci siano poche lettere, pochi numeri, che tutto sia andato a finire da un'altra parte; così hai dovuto imparare ad andare a cercare in un altri cassetti, solo che per arrivarci  compi un giro più lungo e quindi  impieghi più tempo dei tuoi amici a leggere, scrivere, contare, inoltre dovendo percorrere una strada maggiore e certe volte in salita come se tu fossi in montagna, ti senti stanco.
La cosa  bella è che nel dover trovare una nuova strada il tuo cervello ha fatto delle scoperte che ti hanno arricchito ed ancora più importante è che la tua mente ha alcuni cassetti belli grandi e molto particolari con su scritto FANTASIA, DISEGNO, infatti sei capace di disegnare molto bene e di inventare fantastiche storie  e con il tempo chissà quanti altri nuovi spazi aggiungerai alla tua mente.
Solo che la scuola dà il voto a poche delle nostre capacità, leggere, scrivere, ripetere e quindi molte delle tue qualità non vengono evidenziate, ma questo non vuol dire siano meno importanti. -

Ogni bambino è diverso e per ognuno noi genitori troviamo un modo differente di spiegare.
L'importante è non esitare nel parlare a nostro figlio dei suoi problemi, nel dirgli che ha un disturbo di apprendimento, perché io credo che solo ottenendo delle spiegazioni possano affrontare le difficoltà che li attendono.

mercoledì 19 settembre 2012

Sogno per un bambino dislessico

Sogno che un bambino dislessico diventi una ricchezza per la classe.
Sogno che gli sia permesso condurre i compagni nel "suo" mondo e condividere con loro il modo con cui impara, per far capire che si giunge a conoscere non seguendo una sola via, ma tante e differenti. Tutte utili, tutte meravigliose, perché "meraviglioso" è aprire la propria mente.
Sogno che questo bambino non si senta più solo, differente, perché alla fine questo stanca.
Sogno maestri che parlino alla classe delle diversità di ogni bambino e che di ognuno esaltino le virtù.
Sogno che non ci siano genitori, insegnanti o chicchessia che pensano che tuo figlio dislessico abbia "un disturbo", un "handicap", "alcuni limiti" e  "purché non rallenti la classe...".
Sogno una scuola senza quiz, dai tempi lenti: i tempi della riflessione.
Perché il tempo non serve solo ad un bambino dislessico, ma a tutti per imparare ad essere uomini e donne.

lunedì 17 settembre 2012

Imparare le tabelline

Imparare le tabelline è difficile per ogni bambino, per un bambino con disturbi specifici di apprendimento possono parere un ostacolo insormontabile.
Per mio figlio, che non è discalculo, ma che memorizza elenchi e sequenze con grande sforzo, già la tabellina del due, in seconda elementare, si presentò come tragica. Poi le condizioni scolastiche nel loro insieme condussero il piccolo al rifiuto di andare a scuola per diversi mesi, ma di questo scriverò in seguito,  poiché ancora oggi dopo tre anni e in condizioni differenti resta una questione per me dolorosa.
Il fatto è che in terza elementare ci trovammo a dover studiare le tabelline recuperando anche il mezzo anno perduto e con una non indifferente difficoltà di memorizzazione.
Non è  stato necessario ripetere  le tabelline in continuo. in macchina, la sera, in ogni momento della giornata, le avrebbe odiate e non imparate. Questo vale per tutti i bambini, ancor più per quelli ai quali le tabelline sembrano proprio...impossibili.
Con il consiglio della logopedista ho seguito questo metodo:

  1. Il tempo da dedicare alle tabelline doveva essere di circa quindici, venti minuti al giorno. Con il bambino abbiamo concordato quale momento della giornata fosse il migliore, così si è sentito parte della scelta ed è stato motivato a rispettarla.
  2. Ho messo in chiaro che in quell'occasione non avrebbero dovuto esserci distrazioni: televisione, giochi con il cane, disegnini vari...
  3. Doveva concentrarsi anche con il corpo: niente movimenti inutili, torsioni e altro. Nel caso di mio figlio questo è importante perché tende a muoversi in continuo e l'energia che impiega nel fare ciò gli rende difficoltoso apprendere: all'ordine e al controllo del suo corpo ho notato corrispondere la capacità di ordinare i pensieri e quanto imparato.
  4. Le tabelline  dovevano essere affrontate per esteso: 2  x 2 ecc... e non in semplice successione 2 - 4- 6.
  5. La scelta  ogni giorno  comprendeva solo due tabelline. Una conosciuta meglio, le prime volte quella del due.  Con questa si iniziava a lavorare, così il bambino vedeva subito risultati positivi e acquistava fiducia.
  6. Lavoravamo prima con una tabellina e successivamente, solo quando la prima era stata memorizzata, con l'altra.
  7. Si ripeteva più volte la successione della tabellina arrivando al numero per 5 (2x5 ad es.), sino a quando il bambino la ricordava bene, poi la si ripercorreva all'indietro, anche qui sino a quando riusciva a ripeterla. 
  8. Solo allora si passava alla metà successiva della tabellina per arrivare alla  fine, quando anche con questa era sicuro la si ripeteva  all'indietro (dal 2x10 al 2x5).
  9. Quando ricordava anche questa  seconda parte si provava a ripetere l'intera tabellina  prima dall'inizio e poi partendo dalla fine.
  10. Identico lavoro per la seconda tabellina.  
  11. Fondamentale è stato rispettare i "suoi tempi" attendere che memorizzasse ogni singola fase.Poteva accadere,  specialmente le prime volte, che un giorno non fosse sufficiente per imparare neppure una tabellina, la si riprendeva il giorno dopo, sottolineando che comunque si era fatto un bel lavoro. Passando il tempo diventava sempre più facile.
  12. Questo lavoro lo abbiamo fatto a lungo, per tutta la terza  ed anche una parte dell'anno seguente. 
I progressi non sono stati  veloci, ma a poco a poco lavorando mi rendevo conto che il mio bambino frammentando il percorso riusciva più facilmente a memorizzarlo e che si tranquillizzava nel vedere che imparare le tabelline era possibile!
Oggi in quinta riesce a contare con una  velocità più che soddisfacente, non sa ancora le tabelline "a salto", ma in ogni caso le sa usare, e questo è ciò che conta.
Spero questo metodo possa essere utile anche a voi e ai vostri bambini.

sabato 15 settembre 2012

Sentiamoci dislessici

Cosa prova un bambino con disturbo di apprendimento in una normale giornata di scuola?
Forse non ci soffermiamo spesso a pensarlo, forse non lo abbiamo mai fatto. 
Devo confessare che io per prima non sono mai riuscita a comprendere appieno come il mio bambino si "sentisse"  a scuola.
Di certo ho sempre saputo quanta fatica e impegno gli costi la scuola, ne ho condiviso le ansie, i momenti  bui, ma capire in prima persona, come fossi io a viverle, quanto le giornate di un bambino con disturbo specifico di apprendimento possano essere intrise di solitudine, estraniamento, mortificazione, questo mi è difficile.
In questo video Come può essere così difficile? - Documentario sulla dislessia - YouTube (abbastanza lungo, vi avverto)  Richard D. Lavoie, direttore della Eagle Hill School Outreach, riesce non solo a farci conoscere i disturbi di apprendimento, ma ci fa mettere nei panni di un bambino che ogni giorno con questi deve convivere.
Il video mi ha avvicinato ancor più al mondo di mio figlio, perché mi ha fatto sentire come lui.
Penso possa servire  agli insegnanti, perché non sempre durante la lezione si pensa che qualcuno dei nostri allievi, magari quello che vediamo più distratto, in realtà non riesce a seguirci, anzi forse a quel bambino o ragazzo l'insegnante, i compagni, tutta la classe sembrano alieni, lontani e strani.
Mi piacerebbe che questo video lo vedessero con molta attenzione le persone che pensano che i disturbi di apprendimento siano un escamotage per concedere a dei ragazzini pigri di lavorare meno.
Ed anche coloro che sono nel mondo della scuola e non sanno trattare con sensibilità i bambini. Purtroppo ci sono anche insegnanti così, fortunatamente pochi.

giovedì 13 settembre 2012

Primo giorno di scuola per bambini con disturbo specifico di apprendimento. Ansie, paure e progetti.

Ogni anno quando si avvicina il primo giorno di scuola, la paura assale i genitori di  bambini con disturbo specifico di apprendimento.
Personalmente inizio a pensare al nuovo anno scolastico già all'avvio delle vacanze estive, via via sempre più spesso, sino al fatidico squillo.
Mio figlio frequenta la quinta elementare in una classe con maestre splendide, eppure puntualmente mi chiedo se e come sopravviverà ad interrogazioni, verifiche e se gli rimarrà un poco di tempo libero.

Dovrà studiare le regioni d'Italia, mi dico, e già immagino le domeniche trascorse sul libro di geografia a memorizzare città, laghi, fiumi. 
Tremo al pensiero della matematica, vedo e sento il tempo impiegato a "rincorrere" le espressioni, mio figlio presenta una disprassia  //www.aidee.it/disprassia.php e quindi, quando è stanco,generalmente  ben prima della conclusione dei compiti assegnati, "rincorre" la matematica: segni e numeri, sembrano scappargli un po' ovunque.
Mi chiedo quanti saranno i mal di pancia, i mal di testa per paura della verifica, dell'interrogazione. Questa mattina, secondo giorno di scuola, abbiamo avuto il primo in occasione dei test d'ingresso, di certo altri seguiranno.
E quante volte sarà demoralizzato e odierà la scuola? Tante, troppe.
Purtroppo è con l'ansia e l'insicurezza che i bambini con un disturbo specifico di apprendimento devono fare i conti: ogni giorno. 
Ai genitori il compito arduo di aiutarli.
Con questi pensieri mi scoraggio, ma ecco tornarmi alla mente una frase che anni fa mi disse la logopedista:

"Non partiamo da ciò che il bambino non sa fare, ma da ciò che sa fare".

Ogni bambino ha delle capacità, delle abilità e se continuiamo a pensare solamente a ciò che gli manca, a ciò che fa meno bene o con più difficoltà  non lo aiuteremo a sviluppare i suoi doni.

Così inizio ad immaginarmi il lavoro futuro: costruire con lui e per lui, schemi, mappe concettuali, mettere in evidenza argomenti, aiutarlo a costruire il suo percorso per apprendere e ripetere una lezione, per affrontare una verifica.
Talvolta il risultato è entusiasmante, tal altra un po' meno. 
Guardandomi indietro rivedo sì le difficoltà, la fatica, i tanti momenti di pianto, di crisi, ma la mia attenzione corre ai grandi progressi, alle conquiste del mio bambino, che oggi legge solo un po' più lentamente dei suoi compagni, scrive in modo molto più comprensibile che in passato, conta velocemente, anche se incolonnare numeri per lui continua ad essere una gran fatica.

Lo guardo e vedo un bambino capace di inventare bellissime storie.
Vedo un bambino capace di disegnare le creature della sua fantasia con passione e attenzione.
Vedo un bambino capace di cogliere e ricordare particolari a noi tutti sfuggiti.

Così penso che anche quest'anno riusciremo.


mercoledì 12 settembre 2012

Dislessia. Perché il blog

Attraversare le sabbie mobili dei disturbi specifici di apprendimento al fianco del mio bambino e condividere questa esperienza con altri genitori, ma anche renderne partecipi coloro che di dislessia, discalculia, disprassia, disortografia... hanno sentito solamente sentito parlare: questo è lo scopo del blog.
Non sono un'esperta, ma una mamma che, affiancata da una bravissima logopedista,  da oramai sei anni segue il suo bambino in un percorso spesso difficile e faticoso, ma sempre meraviglioso.
Perché un bambino che apre la sua mente alla conoscenza è sempre una magia, in qualunque modo ciò avvenga.