venerdì 21 settembre 2012

Quanto costa non curare i bambini

In questi giorni all'Università di Padova si tiene un convegno intitolato: "Quanto costa curare e non curare i bambini". Lo special guest doveva essere il pediatra americano Barry Brazelton http://en.wikipedia.org/wiki/T._Berry_Brazelton, che pur non essendo intervenuto materialmente a causa dell'età, è stato vivo riferimento degli interventi dei colleghi italiani.  Il professor Brazelton in occasione del discorso di ringraziamento al presidente Obama per l'onorificenza di "Champion of Change" ha quantificato, riferendosi a studi econometrici,  i costi della mancanza di cure ai bambini nel primo anno di vita: 
 "ogni dollaro speso per curare i disturbi nel primo anno di vita dei bambini, ne fa guadagnare altri 17".  
Il celebre pediatra sostiene che le avversità gravi, le deprivazioni psicologiche, economiche e culturali  del primo anno di vita, compromettono il futuro dei bambini ostacolandone il proficuo inserimento nella società e obbligando quest'ultima non solo a sostenere i costi per cure sanitarie, ma anche quelli elevati per il controllo sociale.  Questo è un calcolo economico che i governi europei  pare non vogliano sentire. Mi basta pensare alle difficoltà che molti genitori incontrano per l'assegnazione dell'insegnante di sostegno al loro figlio, o ancora alle sedute di logopedia spesso concesse con il contagocce.  Penso anche alle difficoltà in cui versa la scuola, che, con le poche risorse di cui dispone, solo raramente e a  fatica riesce a recuperare i ragazzi problematici. Eppure ogni mancato intervento volto a potenziare le capacità cognitive,  a migliorare le relazioni umane di  un bambino, peggiora il mondo in cui viviamo. Ma per pensare al recupero, all'inserimento di chi parte da condizioni svantaggiate è necessario chiedersi che società desideriamo, perché senza un progetto per il futuro non è possibile migliorare, e neppure rendere felice l'infanzia. 


                                                                       

giovedì 20 settembre 2012

Mamma cos'è la dislessia? Allora sono dislessico?

La logopedia mio figlio l'ha conosciuta più o meno a quattro anni e mezzo, quando era ormai evidente che ulteriori progressi nell'acquisizione del linguaggio non ne avrebbe fatti.
Gli spiegammo che i faticosi esercizi che lo impegnavano gli sarebbero serviti per migliorare il modo parlare, per imparare nuove parole; gli dicemmo che lui aveva bisogno di un aiuto in questo e che  altri bambini potevano avere difficoltà diverse: ad esempio sua sorella aveva iniziato a camminare molto più tardi di lui.
La domanda vera, chiara: "Mamma cos'è la dislessia? Io sono dislessico?" l'ha posta a pochi mesi dall'inizio della terza elementare, di mattina, in macchina, mentre lo accompagnavo a scuola.
Come spiegare con semplicità qualcosa di difficile?
Io ho usato questo raccontino molto semplice:
- Il nostro cervello è in grado di fare miliardi di collegamenti. Alcune zone si occupano di interpretare quello che vediamo, udiamo, annusiamo, altre ci guidano nel compiere certi movimenti, grandi e piccoli, ad esempio  è il cervello che ci permette di ricordare in che ordine dobbiamo indossare i vestiti.
Però tutte le persone sono diverse tra loro e non esiste una unica strada per raggiungere un risultato.
Immagina il nostro cervello come fosse suddiviso in tanti cassetti, un cassetto per ogni cosa da fare, da imparare.
C'e il cassetto dell'alfabeto, pieno di letterine, vicino c'è quello che contiene le regole per mettere insieme le lettere e formare parole, frasi, proprio sotto c'e il cassetto della scrittura, con tutte le regole per pescare i segni giusti e abbinarli, poi c'è quello dei numeri e così via, cassetti per ogni cosa della nostra vita, per allacciarsi le scarpe, fare le scale, correre e tutto ciò che ti viene in mente. E si riempiono sempre più mano a mano che diventiamo grandi.
Quando i tuoi compagni devono leggere, scrivere, fare i compiti di matematica vanno ad aprire il cassetto giusto dove c'è scritto LETTURA, NUMERI, sanno già dove andare a cercare ciò che gli serve ed è tutto lì comodo, così eseguono gli esercizi in fretta.
Ma poiché tutti siamo diversi succede che nel tuo cassetto della lettura,  e così in quello dei numeri, ci siano poche lettere, pochi numeri, che tutto sia andato a finire da un'altra parte; così hai dovuto imparare ad andare a cercare in un altri cassetti, solo che per arrivarci  compi un giro più lungo e quindi  impieghi più tempo dei tuoi amici a leggere, scrivere, contare, inoltre dovendo percorrere una strada maggiore e certe volte in salita come se tu fossi in montagna, ti senti stanco.
La cosa  bella è che nel dover trovare una nuova strada il tuo cervello ha fatto delle scoperte che ti hanno arricchito ed ancora più importante è che la tua mente ha alcuni cassetti belli grandi e molto particolari con su scritto FANTASIA, DISEGNO, infatti sei capace di disegnare molto bene e di inventare fantastiche storie  e con il tempo chissà quanti altri nuovi spazi aggiungerai alla tua mente.
Solo che la scuola dà il voto a poche delle nostre capacità, leggere, scrivere, ripetere e quindi molte delle tue qualità non vengono evidenziate, ma questo non vuol dire siano meno importanti. -

Ogni bambino è diverso e per ognuno noi genitori troviamo un modo differente di spiegare.
L'importante è non esitare nel parlare a nostro figlio dei suoi problemi, nel dirgli che ha un disturbo di apprendimento, perché io credo che solo ottenendo delle spiegazioni possano affrontare le difficoltà che li attendono.

mercoledì 19 settembre 2012

Sogno per un bambino dislessico

Sogno che un bambino dislessico diventi una ricchezza per la classe.
Sogno che gli sia permesso condurre i compagni nel "suo" mondo e condividere con loro il modo con cui impara, per far capire che si giunge a conoscere non seguendo una sola via, ma tante e differenti. Tutte utili, tutte meravigliose, perché "meraviglioso" è aprire la propria mente.
Sogno che questo bambino non si senta più solo, differente, perché alla fine questo stanca.
Sogno maestri che parlino alla classe delle diversità di ogni bambino e che di ognuno esaltino le virtù.
Sogno che non ci siano genitori, insegnanti o chicchessia che pensano che tuo figlio dislessico abbia "un disturbo", un "handicap", "alcuni limiti" e  "purché non rallenti la classe...".
Sogno una scuola senza quiz, dai tempi lenti: i tempi della riflessione.
Perché il tempo non serve solo ad un bambino dislessico, ma a tutti per imparare ad essere uomini e donne.

lunedì 17 settembre 2012

Imparare le tabelline

Imparare le tabelline è difficile per ogni bambino, per un bambino con disturbi specifici di apprendimento possono parere un ostacolo insormontabile.
Per mio figlio, che non è discalculo, ma che memorizza elenchi e sequenze con grande sforzo, già la tabellina del due, in seconda elementare, si presentò come tragica. Poi le condizioni scolastiche nel loro insieme condussero il piccolo al rifiuto di andare a scuola per diversi mesi, ma di questo scriverò in seguito,  poiché ancora oggi dopo tre anni e in condizioni differenti resta una questione per me dolorosa.
Il fatto è che in terza elementare ci trovammo a dover studiare le tabelline recuperando anche il mezzo anno perduto e con una non indifferente difficoltà di memorizzazione.
Non è  stato necessario ripetere  le tabelline in continuo. in macchina, la sera, in ogni momento della giornata, le avrebbe odiate e non imparate. Questo vale per tutti i bambini, ancor più per quelli ai quali le tabelline sembrano proprio...impossibili.
Con il consiglio della logopedista ho seguito questo metodo:

  1. Il tempo da dedicare alle tabelline doveva essere di circa quindici, venti minuti al giorno. Con il bambino abbiamo concordato quale momento della giornata fosse il migliore, così si è sentito parte della scelta ed è stato motivato a rispettarla.
  2. Ho messo in chiaro che in quell'occasione non avrebbero dovuto esserci distrazioni: televisione, giochi con il cane, disegnini vari...
  3. Doveva concentrarsi anche con il corpo: niente movimenti inutili, torsioni e altro. Nel caso di mio figlio questo è importante perché tende a muoversi in continuo e l'energia che impiega nel fare ciò gli rende difficoltoso apprendere: all'ordine e al controllo del suo corpo ho notato corrispondere la capacità di ordinare i pensieri e quanto imparato.
  4. Le tabelline  dovevano essere affrontate per esteso: 2  x 2 ecc... e non in semplice successione 2 - 4- 6.
  5. La scelta  ogni giorno  comprendeva solo due tabelline. Una conosciuta meglio, le prime volte quella del due.  Con questa si iniziava a lavorare, così il bambino vedeva subito risultati positivi e acquistava fiducia.
  6. Lavoravamo prima con una tabellina e successivamente, solo quando la prima era stata memorizzata, con l'altra.
  7. Si ripeteva più volte la successione della tabellina arrivando al numero per 5 (2x5 ad es.), sino a quando il bambino la ricordava bene, poi la si ripercorreva all'indietro, anche qui sino a quando riusciva a ripeterla. 
  8. Solo allora si passava alla metà successiva della tabellina per arrivare alla  fine, quando anche con questa era sicuro la si ripeteva  all'indietro (dal 2x10 al 2x5).
  9. Quando ricordava anche questa  seconda parte si provava a ripetere l'intera tabellina  prima dall'inizio e poi partendo dalla fine.
  10. Identico lavoro per la seconda tabellina.  
  11. Fondamentale è stato rispettare i "suoi tempi" attendere che memorizzasse ogni singola fase.Poteva accadere,  specialmente le prime volte, che un giorno non fosse sufficiente per imparare neppure una tabellina, la si riprendeva il giorno dopo, sottolineando che comunque si era fatto un bel lavoro. Passando il tempo diventava sempre più facile.
  12. Questo lavoro lo abbiamo fatto a lungo, per tutta la terza  ed anche una parte dell'anno seguente. 
I progressi non sono stati  veloci, ma a poco a poco lavorando mi rendevo conto che il mio bambino frammentando il percorso riusciva più facilmente a memorizzarlo e che si tranquillizzava nel vedere che imparare le tabelline era possibile!
Oggi in quinta riesce a contare con una  velocità più che soddisfacente, non sa ancora le tabelline "a salto", ma in ogni caso le sa usare, e questo è ciò che conta.
Spero questo metodo possa essere utile anche a voi e ai vostri bambini.