La disprassia è subdola perché non sempre risulta evidente, come nel caso di mio figlio che solo ad un occhio esperto rivela alcune difficoltà di coordinazione, ed è subdola quando, a scuola come nello sport, la disprassia, così come altri disturbi di apprendimento, all'intenzione non fa corrispondere la realizzazione: cosa può esserci di più deprimente del capire, del sentire che si può riuscire e poi non farcela perché qualcosa nei nostri movimenti non ha funzionato? Credo che anche gli animi più forti si troverebbero in difficoltà.
Quanto può essere difficile stentare a concludere la verifica, il dettato, perché dobbiamo andare a ricercare ogni singolo gesto per scrivere, perché sappiamo cosa significa la parola, come si risolve il problema, ma ci affanniamo ogni volta per ricordare come si scrivono quella frase, quel numero, e ci sforziamo di riuscire a farla stare tra quadretti e righe per poi accorgerci di essere restati indietro?
La scuola così può essere tanto difficile e farci fuggire anche se poi i risultati, i voti, i giudizi sono buoni, anche se le insegnanti sono comprensive, perché tutto ci pare essere al di sopra delle nostre forze: siamo solo bambini.
Ed in noi genitori, in me, mamma, qual è la reazione a tutto questo?
Nei periodi "sì" quando tutto va bene e la scuola sembra non essere così insostenibile, sono naturalmente contenta, ma so che in agguato ci può sempre essere il mostro: l'ansia, la paura, lo scoraggiamento.
Ed infatti prima o poi si fanno vivi, non appena il ritmo scolastico diventa più pressante, eccoli apparire: li percepisco, già da lontano, dal velo di tristezza che oscura il sorriso del mio bambino.
Non mi è facile accettare la sua paura, vorrei incoraggiarlo, spingerlo ad andare avanti comunque, ad essere forte.
Vorrei che capisse che le difficoltà può superarle con l' intelligenza.
Che non è importante leggere, scrivere velocemente, ma pensare e capire, che è ciò che sa fare e che quindi non avrà difficoltà nella vita.
Ma la vita ora per lui è la scuola, l'impegno quotidiano, e quello spesso fa paura, lo blocca.
Vorrei vederlo andare a scuola, a praticare sport senza ansia e senza timore.
Ma lui non è così.
Ed allora mi ricordo che è solo un bambino, che ha diritto di avere paura, diritto di sentire di non farcela.
Non penso serva rammentargli che si devono superare, affrontare le difficoltà, questo lo sa già, anche se ha solo dieci anni.
Quando l'unico posto sicuro gli sembra la sua casa allora credo debba sapere che noi genitori accettiamo anche quell'ansia, il suo essere diverso non solo nel modo di apprendere, ma anche nel modo di essere, che accettiamo anche il suo arrendersi, il suo sentirsi debole.
Deve sapere che ha tutto il tempo di vincere la paura, tutto quello che gli sarà necessario.
Solo essendo cosciente che noi non lo disapproviamo, ma condividiamo con lui le difficoltà, potrà superare ciò che oggi gli sembra insormontabile.
Perché si può non farcela ad affrontare sempre a muso duro un problema, perché alcune volte è necessario arrendersi per vincere.
Con pazienza e amore ce la farà.
perché alcune volte è necessario arrendersi per vincere...quanto è vera questa frase!!!
RispondiEliminaEppure è tanto difficile da accettare, soprattutto dagli adulti
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