lunedì 15 ottobre 2012

Cyberbullismo e bullismo.

Oggi mi allontano dal tema del blog per scrivere di cyberbullismo e bullismo.
L'argomento riguarda da vicino anche noi genitori di ragazzi con DSA, perché spesso i nostri figli hanno un'emotività, una sensibilità che li rende facile bersaglio dei vari bulletti di scuola ed  oggi anche dei cyberbulli .
L'occasione di questa riflessione è data dalla lettura di un articolo su "La Stampa" di domenica 14 ottobre. 
La storia è quella di una ragazzina canadese di quindici anni, Amanda Todd, che cede alle richieste di uno sconosciuto che sul web le chiede di mostrare il seno, a sua insaputa la ritrae e diffonde le immagini creando una pagina su Facebook. 
Queste vengono viste dai compagni, perché il misterioso individuo avvisa via internet ogni amico della ragazza, della quale sembra conoscere ogni abitudine.
Inizia così una vera persecuzione: amici ed amiche la abbandonano, la insultano, giungeranno a picchiarla.
Amanda tenta il suicidio ingerendo del detersivo, viene salvata dall'intervento della madre, ma lo sconosciuto mette on line la foto del detersivo linkata alla pagina di Amanda: gli insulti dei coetanei si fanno ancora più violenti.
La polizia invece di proteggerla la accusa, la visita a casa sua alle quattro del mattino dicendole che quelle foto le hanno viste tutti, chiedendole cosa sta combinando.

La ragazza non regge più: il 7 settembre posta un video su YouTube  http://www.youtube.com/watch?v=wBZLqd_ItNM  dove esprimendosi con dei bigliettini racconta la sua storia e la sua solitudine.

Lo scorso mercoledì si uccide. 

Del bullo la polizia non sa nulla.

Gli adolescenti possono essere fragili, ed in questi casi può non bastare che  conoscano i pericoli della rete ed i  comportamenti da evitare, questo lo sappiamo.
Siamo coscienti che il nostro dovere di genitori è vigilare, controllare.
Sinceramente io non mi illudo di riuscire a controllare tutto ciò che mia figlia fa sui social network e non mi sento di invadere con un controllo continuo la sua vita.
Cerco di tenere aperto il dialogo con lei, e lo stesso sarà poi con mio figlio. 
Sa che io sono sempre a presente per ascoltarla.
Soprattutto sa che non la giudico perché ricordo che alla sua età non sopportavo di essere giudicata.
Spero soprattutto che dal nostro confronto e scambio di idee ne esca rafforzata è più autonoma nei  giudizi e comportamenti.
Per altri genitori si tratterà di  un controllo più serrato, ognuno agisce secondo il proprio pensare, ma resta il fatto che oggi gli atti bullismo, nel web e nella realtà di ogni giorno sono frequenti.

Quel mi preoccupa ancor più dell'atto di bullismo  in sé è la reazione dei compagni, degli amici che spesso amplifica l'atto del bullo.

Il bulletto di scuola spesso viene temuto e guardato con ammirazione, la vittima derisa, con un atteggiamento da branco: gli interventi degli insegnanti sono tante volte labili, poco incisivi, perché non si può punire il ragazzo e con tante altre motivazioni più o meno valide, ma che non fanno bene né alle vittime, né al bullo. Quest'ultimo avrebbe necessità, a parer mio, che qualcuno lo aiuti a comprendere che il suo comportamento non può che isolarlo, portarlo ad essere fuori del gruppo. Anche lui, come la sua vittima ha bisogno di aiuto di essere ascoltato.


Nel caso tragico di Amanda Todd,  che dire di una polizia che non rintraccia chi perseguita la ragazza, ma colpevolizza quest'ultima?

E come porsi di fronte alla logica feroce di coetanei che lontani dal provare solidarietà per la compagna la allontanano, la isolano per essersi mostrata nuda, in nome di un moralismo becero e credo ben poco "cristiano".
Dove è nei nostri ragazzi la capacità di comprendere e condividere la sofferenza, di non condannare, ma prestare aiuto? 
Questi principi sono  i fondamenti della società civile.
Perché la scuola oggi è così presa dal rendimento dell'alunno da non riuscire ad educare a tali valori, da non avere il tempo di farlo?
Forse è meglio non conoscere qualche guerra, qualche data, ma essere sensibili ed accoglienti, disposti ad aiutare e non a condannare.
Noi genitori è indubbio dobbiamo guidare i nostri ragazzi in tale direzione, ma poiché non tutti siamo uguali e non tutti si assumono o credono in questo dovere, penso che i fondamenti del vivere in comune, della solidarietà e dell'accettazione dell'altro, debbano essere insegnati in primo luogo dalla scuola: perché il suo scopo è formare gli uomini di domani.
Se riusciremo a non mancare il compito di far pensare i giovani,   forse un'altra ragazza non dovrà provare la solitudine di Amanda.

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